Joel Fortunato Reyes Pérez

Il sottomarino volare verso l'assurdo.

Il sottomarino volare verso l'assurdo. 
Il colore della sofferenza ignorata.
 
In fondo il sogno è stato davvero l’unico modo per sfuggire a una realtà che chiedeva solo di essere dimenticata. Avventurar-si in definitiva in quegli universi, intrecciati o paralleli, che restano perlopiùsconosciuti, nello spazio e nel tempo. Già, perché anche il tempo è un proble-ma: stabilire le origini, il momento esatto dell’inizio, non è facile. Sulla vergogna della propria disumanità e sulla speranza della propria umanità. Temi traumatici per eccellenza…   l’ansia è una preoccupazione eccessiva che dipende dl fatto che valutiamo in maniera irrazionalmente terribile e intollerabile gli eventi. Erroneamente riteniamo che un problema si risolva concentrando tutta la nostra attenzione su di esso. Oppure riteniamo -altrettanto erroneamente- che non possiamo fare a meno di pensarci perché siamo fatti così, è la nostra natura. Non è un paradosso dire che abbiamo bisogno di credere, perché tutta la nostra esistenza è un bisogno, perché non possiamo rimanere consapevolmente soli, mentre desideriamo che la nostra conoscenza, di noi stessi e delle cose, ci porti a sentirci uniti al mondo intero, anche quando questa unione ci fa male.  Il solo desiderarli pone la mente nell’atto creativo per eccellenza. Il boia di questo terzo millennio è l’indifferenza, l’ho detto, ripetuto fino alla noia, non è soltanto paura, viltà, vigliaccheria, che ci fanno indietreggiare di fronte a tanta miserabilità dis-umana, che rendono il nostro cuore una pietra, la nostra dignità un albero senza radici. La paura alberga in ogni uomo, scava dove la somma non ha mai sapore di giustizia, occorre fare leva su tutte le nostre energie interiori per ritrovare coraggio, quello spazio di terra e di sangue che ci fa schierare, senza se e senza ma, dalla parte chi vede rapinati, umiliati, annientati i propri diritti fondamentali. Purtroppo non è così, e non sarà mai il silenzio a fare da scarto per una ritrovata coscienza, per una significativa presa di posizione a favore di uno stile di vita equilibrato, non più fondato sulla prevaricazione intenzionale, sulla sottomissione persistente, sulla violenza più asimetrica, dove il più debole è obbligato a mollare gli ormeggi nella maniera più drammatica, nella condizione-oppressione disperante della paura che diviene vergogna. Un atto che può esprimersi anche nelle adozioni e in quelle azioni di genitorialità simbolica proprie di coloro che non hanno figli, per una serie infinita di motivi. Se crediamo che niente è sacro e tutto può essere cambiato, inclusi i nostri valori, allora rinunciamo a quella posizione dalla quale può scaturire la vera libertà. La liberazione, portata all’estremo, significa infatti perdita dei fini, dei limiti, dei confini. E in un mondo senza fini, tutto è un mezzo e niente ha un significato. La nostra ipotesi si basa essenzialmente su una nuova visione dello spazio: per noi lo spazio è unico e, se esso si gonfia tra le galassie, esso deve gonfiarsi anche all’interno di esse.   Consideriamo tutto quello che ci circonda, il nostro modo di andare per la strada in auto, come ci rapportiamo con le altre persone nei supermercati, e domandiamoci quanto siamo consapevoli che accanto a noi esistono persone molto simili a noi. Il gruppo possiede una ragione super-individuale, un valore che supera le richieste individuali, che possono tranquillamente, senza nessun giudizio di valore morale, superare quelle personali.  Il neorazzismo è la convinzione che ciascuno debba vivere nel proprio paese, la reazione alla mobilità degli esseri umani, la pretesa di bandire gli indesiderabili.
Ma, in questo caso, la contestazione si concentrava solo sul linguaggio. C’è la fine di ogni ricordo d’umanità, e la barbarie come unico orizzonte. La natura è come una foresta di simboli tra loro corrispondenti; il mondo è un insieme di simboli che ci parlano in un misterioso linguaggio: né la scienza né motivo possa includere. A poco a poco riemerge e viene ricomposta tramite la narrazione, in una lettera aperta che la scrive… avvengono cambiamenti importanti, nel modo di pensare, di pensarsi, di riconoscere e regolare le emozioni, nel tono dell’umore, nelle relazioni con gli altri e nel comportamento. Il trauma non esce dal nostro cervello perché è impossibile dimenticare, però può avere una collocazione migliore, una forma meno disturbante: il ricordo esce dall’isolamento in cui si trovava incapsulato e si collega ad altre reti. Il finale lascia intravedere una possibilità di cambiamento. Attraverso la ricostruzione e l’elaborazione del trauma, e grazie all’incontro con una figura positiva, uno stesso ricordo doloroso, ma non più disturbante, si ricolloca, si riorganizza nelle reti di memoria in modo più adattivo…  Tutto, dunque, sembra parlare di un incontro mancato. Di un appuntamento sempre rimandato… Un Tutto misterioso e inesplicabile, davanti al quale è possibile soltanto il Silenzio.  Quante volte abbiamo dato la colpa alla volontà, la nostra oppure quella altrui, per giustificare, nel positivo, come nel negativo, i nostri comportamenti? Credo tante volte, e forse non sono il solo ad averlo fatto. Ovviamente (purtroppo) non esiste una domanda univoca a tutte queste domande. A tale scopo l'esistenza della vita è la rivelazione dell'essenza misteriosa della realtà: segreto riservato, lei cerca di capire le somiglianze negli aspetti primordiali idee. Inevitabilmente nessun contatto né con la logica né con l’empirico... Si tratta di un’idea di integrazione, di compenetrazione tra il testo in modo da creare un unico univer-so comunicativo che richiami nello spettatore una serie inedita di sensazioni. È quindi evidente che il contatto degli individui con lo spirito del tempo non può essere idealmente intimo quando le forme dei fenomeni vengono affrontate con i guanti dell’analogia.

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Published on e-Stories.org on 07/28/2016.

 
 

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