Mauro Montacchiesi

Il Piccolo Ivan e i Boiari terribili

Il Piccolo Ivan

e

“I Boiari Terribili”

***

Ivan Vasilevic “Groznyj”

 

Futuro Ivan IV (Mosca, 25 agosto 1530-Mosca, 18 marzo 1854). Nipote di Ivan III, figlio del Granduca Basilio III di Russia e di Elena Glinskaja (sposa in seconde nozze), si ritrovò orfano di padre già all’età di tre anni, il 3 dicembre 1533. Divenuto quindi Principe di Moscovia, il suo Regno venne retto per cinque anni dalla Zarina, sua madre Elena. Sul proprio letto di morte, Basilio trasferì infatti i suoi poteri a quest’ultima, dandole la facoltà di governare il Principato fino a che il primogenito non fosse stato abbastanza maturo per subentrarle. Gli Storici del tempo non ci forniscono alcuna altra informazione sullo status di Elena dopo la morte del marito. È solamente dato sapere che la sua autorità poteva essere definita come reggenza e che tutti i Boiardi “Terribili” avrebbero dovuto a lei sottomettersi. Per questa ragione il tempo che intercorse tra la morte di Basilio e quella della moglie, avvenuta in circostanze misteriose nel 1538, viene definito con l’espressione “ Il Regno di Elena”! Poco tempo dopo la morte di Basilio III, iniziò per “Il Piccolo Ivan” una dura e diuturna lotta che si sarebbe prolungata per tutta la gioventù: quella contro gli avidi Boiardi, che anelavano a conquistare posizioni di potere e che vedevano, nel nuovo Gran Principe, solo uno strumento, vale a dire un fragile ed inerme fanciullo da manovrare, subdolamente, a favore di una o dell’altra fazione nobiliare. Già verso la fine del 1534 il Principato di Moscovia venne a trovarsi sull’orlo di una guerra civile. Tuttavia, per evitare la presa di potere di una delle fazioni boiarde e per assicurare una tranquilla successione al proprio primogenito, la madre dell’infante Ivan IV, Elena, fece imprigionare e giustiziare molti Nobili, tra cui i Principi Russi fratelli dello stesso Basilio, accusandoli di aver cospirato contro lei e contro suo figlio. Le precauzioni prese dalla coraggiosa Elena non ebbero tuttavia successo: la sua morte avvenne in strane circostanze e, verosimilmente, il decesso fu cagionato da avvelenamento. Per il piccolo Ivan questo avvenimento fu lacerante, sconcertante. Ivan passò, quindi, sotto la tutela della Duma (Assemblea) dei Boiari (Famiglie dei Glinskij, dei Belskij, dei Sujskij), rivali tra loro. Privato anche della madre, a cui era legato da un profondo vincolo affettivo, il tenero Ivan si ritrovò orfano a otto anni, con l’assunto di governare uno Stato e di tenere a bada una Corte che, senza il freno della saggia madre, non tardò a sprofondare nel caos più totale a causa dell’esulcerarsi delle lotte fra i famelici Boiardi. In questo clima di insicurezza fu ineluttabile la deflagrazione della guerra civile all’interno del Principato di Moscovia. L’obiettivo delle diverse fazioni in lotta era quello di poter controllare il trono retto dal giovanissimo e solissimo Re, considerato null’altro che un ridicolo sovrano fantoccio. A contendersi il potere furono le due più importanti e spregiudicate Famiglie boiarde: i Sujskij ed i Belskij. Queste due fazioni continuarono a combattersi tra loro, schierando dei veri e propri eserciti e, non appena una fazione aveva il sopravvento sull’altra, la Corte Russa veniva decimata da stragi perpetrate dalla vincente contro coloro che venivano sospettati di tradimento. Le due Famiglie iniziarono ad attingere al tesoro del Principato e non esitarono ad utilizzare l’Esercito Moscovita per i propri, scellerati orditi di potere. Nel frattempo, con la Russia in piena guerra civile, nessuno si ricordò del suo legittimo, fanciullo regnante, il quale, relegato quindi nello scrigno dell’oblio, fu talmente trascurato da non essere nemmeno nutrito regolarmente. Atterrito, Ivan si aggirava tutto solo, come una larva, tra le grandi ed insanguinate stanze del palazzo imperiale, dimenticato da tutti e circondato da immani efferatezze, truculenti omicidi, biechi tradimenti e spietate lotte per il potere. L’unico appoggio che lo sbigottito Zarevic ricevette, fu quello del suo futuro mentore, Macario, il quale, eletto Metropolita nel 1542, prese sotto la sua protezione il giovane Ivan e ne condivise il forte abominio verso gli ignobili Boiardi, i quali, ex professo, fecero del tutto per fomentare il livore da parte di Ivan, con il patente intento di renderlo inviso e di alienarlo dalla politica. La temperie di sospetto e di intrigo in cui il delicato Ivan IV si ritrovò a vivere durante la sua tormentata infanzia, incise perennemente, con mortificazioni ed umiliazioni, un indelebile stigma nella psiche del giovane Zar: da qui, prima ancora che dalla pianificazione politica, germinò la sua esulcerata esecrazione avverso le Famiglie Nobiliari e la strenua diffidenza verso tutto il genere umano. Per alcuni suoi Biografi furono tutte le efferatezze a cui Ivan IV dovette assistere, e a cui dovette far fronte, a trasformarlo in un inconcusso autocrate, tanto da farlo soprannominare “Il Tonante” in età adulta. La Famiglia dei Sujskij, i cui membri erano stati assurti al ruolo di reggenti, cercarono “per fas et nefas”, ovvero con le buone e con le cattive, di controllare il ragazzo, così da poter avere carta bianca nel governo del Paese. Ivan, che giusta le fonti fu fin da giovane di stazza robusta e poderosa, allo scopo di disorientare gli abietti Boiardi, si gabellava per un inetto. In realtà egli era in possesso di straordinarie doti di perspicacia e di cultura, che lo portavano a passare la maggior parte del tempo immerso nella lettura. Nel 1544, quando Ivan IV aveva quattordici anni, chiamò a sé due bracconieri di tetragona fedeltà, ordinando loro di catturare e strozzare il capo famiglia dei Sujskij. Le cronache del tempo, provenienti dalla Corte moscovita, ci riferiscono che dopo questo episodio i pusillanimi Boiardi iniziarono a diffidare e a paventare ritorsioni da parte di Ivan IV. Dopo aver fatto capire che i rapporti di forza del Principato di Moscovia si erano ribaltati “po domo sua”, Ivan creò un entourage, nella propria Corte, di giovani Nobili, che divennero suoi fedeli sodali. Ivan fu ufficialmente incoronato Zar di Russia all’età di sedici anni, il 16 gennaio 1547.

 

L’icona di Ivan nelle leggende e nei miti russi.

 

I miti e le leggende tramandateci dal folklore russo concernenti Ivan IV, sono in palese antinomia con quanto gli Storici hanno sempre propalato sulla sua immagine e sul suo Regno. Come opinato dallo Storiografo Jack V. Haney, le leggende del popolo relative ad Ivan IV, famoso come “Il Tonante”, sono molto coinvolgenti e totalizzanti, poiché tratteggiano il primo Zar ortodosso di tutte le Russie in una cromia alquanto disomogenea da quella tramandataci dagli Storici. Dalla disamina di una vasta eterogeneità di leggende, infatti, l’aspetto preponderante che risalta è inconfutabilmente positivo. Maureen Pierre afferma che dal momento che è pitturato come “l’amico della gente comune ed il nemico degli abominevoli Boiardi”, lui, Ivan, è visto come “ Lo Zar Buono”! Nelle fiabe, infatti, lo Zar è peculiarmente tratteggiato come un “alleato e drudo paladino degli oppressi contro i loro comuni nemici, di cui, in primo luogo, i Nobili”! Un paradigma di tale trend può essere enfatizzato in una fiaba rinvenuta e trascritta dallo Storiografo Samuel Collins, in cui esplode un sodalizio tra lo Zar, camuffatosi in tal guisa da apparire un qualunque popolano, ed un grassatore. Il malfattore, ad un certo punto, esorta lo Zar sotto mentite spoglie a delinquere insieme, cosa che Ivan accetta. I due complici taccheggiano alcuni banchi di pubblica vendita di merci, dopo di che Ivan, desiderando saggiare la lealtà e la devozione del correo, gli propone di trafugare i tesori dello Zar. Come risposta a questa scellerata istanza, l’uomo prende a ceffoni lo Zar e lo apostrofa: “ Mai e poi mai mi verrebbe in mente di depredare il mio amatissimo Zar!” Prosegue questa fiaba-leggenda affabulando che il compagno di Ivan ventila, per contro, l’ipotesi di depredare i ladri Boiardi, asserendo che sarebbe come riprendersi le ricchezze che essi avevano precedentemente “rapinato” ai popolani. Felicemente turbato dalla devozione che il ladro mostrava nei confronti dello Zar, Ivan dismise le sue mentite spoglie e si rivelò, esortando il ladro, ormai fedele amico, ad accettare il ruolo di suo consigliere privato. Collins, affabulando, enfatizza come il popolo avesse assurto lo Zar a latria, ovvero ad icona coraggiosamente nobile ed amica dei deboli, sempre proclive a pugnare con e per i poveri, avverso la scellerata casta dei Boiardi. Divenendo connivente del grassatore, Ivan, ipso facto, ne coonesta lo stile di vita, dettato da un gravissimo stato di necessità. Sulla scorta di questo postulato, consta che il monarca non è un uomo efferato e machiavellico, bensì un animo comprensivo, affabile e pietoso nei confronti delle miserie e delle difficoltà della povera gente.

***

I Boiari “Terribili”

(Boiardi)

 

Nobili Russi (dal Russo “bojarin”, dal Turco “bayar”, di cui: bay=ricco, nobile e ar=uomo). I Boiari datano inconfutabilmente a quegli spavaldi e temerari soldati di ventura, a quei condottieri che,

più o meno dal sec. XI, sostenevano e prestavano servigi ai Duchi, in una politica bellica praticamente ininterrotta. Nel citato secolo esercitavano un immane potere in seno alla Società Russa, esattamente in virtù del cospicuo appoggio militare che fornivano ai Principi della Rus’ di Kiev. L’autorità ed il carisma dei Principi, de facto, furono subordinati, nella loro pressoché totalità, agli orditi politici che essi si valevano ad intessere con i Feudatari. I più prestigiosi ed importanti Uffici dello Stato erano riservati ai prezzolati Boiardi che, per mezzo della Duma ( Il Sovrano, in seno a questa, era un semplice “primus inter pares”) condizionavano ponderosamente la politica del Monarca. Fu così che ai politicanti Boiardi furono assegnati molti latifondi e, in quanto membri della Duma, essi rappresentarono i più autorevoli legiferatori della Rus’. Sul tramontar del 1°100, i Boiardi avevano già dismesso gli abiti da spregiudicati soldati di ventura ed erano ormai diventati importanti e ricchi latifondisti agli ordini di un Sovrano, ma sempre ed immediatamente solerti nel venir meno ai patti stabiliti, per poi accettare il soldo di chi fosse pronto ad elargire più cospicui appannaggi e privilegi. Tanto è vero che i facoltosi e forti Gran Duchi di Mosca si valsero a centripetare molti cupidi Boiari, precedentemente satelliti di altri Duchi e, con il loro ausilio, a corroborare e a dilatare i possedimenti del Gran Ducato, approdando, infine, alla realizzazione di una monolitica Monarchia. I più elevati Uffici di Corte ed il Primo Rango furono riservati ai bramosi Boiari in quella che divenne la nuova Nobiltà. Gli irrequieti Boiari, nondimeno, collisero continuamente tra loro, per ottenere Uffici di maggior prestigio e per acquisire una sempre più grande autorevolezza. I Boiardi accrebbero la loro scaltrezza e la loro violenza, negligendo totalmente assunti quali: buone maniere e spirito di classe. Ivan IV, nel secolo XVI, prostrato dalle loro interferenze e dai loro condizionamenti, li combatté costantemente ed avocò a sé molti patrimoni che i Boiardi avevano nefandamente acquisito con mistificazioni ed usurpazioni. Molti dei loro diritti furono cassati da Ivan, come, ad esempio, quello di defezionare un Sovrano per convergere, repentinamente e proditoriamente, al soldo di un altro.

 

Alcuni fatti salienti del Regno di Ivan IV

 

A ridosso dell’incoronazione, dopo aver dimostrato negli anni precedenti la propria sagacia in ambito politico, Ivan affermò che i simboli del Principato di Mosca, il globo con la croce e lo scettro, provenivano direttamente da Costantinopoli, in quanto inviati da un Imperatore Bizantino, nel XII secolo, ad un proprio antenato, Principe della Dinastia Rurik. Ratificò, in questo modo, la propria decisione di assumere il titolo di “Zar”, ossia “Cesare” (chiaro riferimento all’Impero Romano) e fece assurgere Mosca al ruolo di “Terza Roma”! Inoltre, nelle vene di Ivan scorreva sangue bizantino, poiché suo nonno, Ivan III di Russia, aveva sposato Zoe Paleologa, poi rinominata Sophia, figlia di colui che aveva il titolo onorario di Imperatore Bizantino, ossia Tommaso Paleologo, fratello dell’ultimo Imperatore Bizantino, Costantino XI di Bisanzio.

Ivan IV, infine, introdusse nello stemma imperiale russo il simbolo distintivo degli Imperatori Bizantini, ovvero l’aquila bicipite. Ivan fu, quindi, il primo ad assumere il titolo di “Zar di Russia”, titolo che, nel 1561, fu approvato con decreto del Patriarca di Costantinopoli. Nacque così “Mosca Terza Roma”! I primi tredici anni del regno di Ivan IV, in collaborazione con un consiglio privato chiamato “rada”, furono caratterizzati da numerose riforme interne e da una politica espansionistica. Ivan scelse di persona la nuova “Zarina”, come i “Basileus” a Costantinopoli sceglievano la “Basilissa”! Emanò infatti un ukaze, con il quale chiese ai nobili di tutto il regno di inviare a Mosca le loro figlie in età matrimoniale. Furono 1.500 le ragazze che si presentarono e che furono ospitate a Corte. Lo Zar in persona, seguito da un consigliere, le passò in rivista una per una, donando loro delle pietre preziose ed uno scialle con ricami d’oro. La scelta cadde sulla figlia di un piccolo nobile di provincia: Anastasija Romanovna Zachar’ina, sorella di Nikita Romanovic Zacharyin-Juriev, il quale fu padre di Fedor Romanov, capostipite ufficiale della genealogia Romanov. A tale notizia gli esponenti dell’Alta Società moscovita arricciarono il naso, offesi: non solo le loro rampolle erano state disdegnate, ma addirittura loro stessi avrebbero dovuto riverire una “nobiluccia provinciale”! Con il tempo, la nuova Zarina si rivelò essere una moglie perfetta per Ivan. Mite, fedele, Anastasia esercitò un’influenza regolatrice e contenitrice sul marito e fu una delle pochissime persone di cui lo Zar si fidò pedissequamente. Ivan IV, in seguito, avrebbe più volte apprezzato questa scelta, perché il suo rapporto con la moglie fu ottimo. Fu questo un periodo di grande equilibrio, caratterizzato, appunto, dall’influenza della Principessa Anastasija Romanovna. Ivan sembrò maturo e responsabile. Tenne vicino a sé consiglieri prudenti ed inaugurò un tipo di politica moderata. Combatté la corruzione, diffusissima tra i funzionari. Contrastò gli abusi della Chiesa. Apportò ammodernamenti all’Esercito e migliorò l’amministrazione della giustizia. Nel 1547 un incendio devastò Mosca e lo stesso Palazzo Imperiale. Questo avvenimento colpì profondamente lo Zar, che lo interpretò come un segno divino, ovvero come la volontà di Dio a spingerlo ad operare maggiormente e più concretamente per il popolo. Si attirò le simpatie popolari, pronunciando sulla Piazza Rossa, di persona, un discorso in cui chiedeva pubblicamente perdono per non aver saputo difendere il suo popolo dalle vessazioni di alcuni squallidi Boiardi (che fece arrestare) e promise che, d’ora in poi, sarebbe diventato il difensore dei deboli, che avrebbe governato solo ed esclusivamente nell’interesse del popolo. Ivan si circondò di consiglieri moderati. Il popolo ritenne responsabile dell’incendio la potente Famiglia dei Glinskij, parenti materni dello Zar, i cui esponenti di spicco vennero linciati dalla folla in tumulto. Iniziò quindi un periodo caratterizzato da una politica volta alla pace ed alle riforme di modernizzazione dello Stato. Ivan contrastò i funzionari ed il Clero corrotto. Ivan si sforzò di creare un governo non soggetto alla grande Aristocrazia, migliorò il Codice Penale e le leggi, formò organi eletti dalla popolazione. Nel 1549 convocò lo Zemskij Sobor (la prima assemblea rappresentativa mai riunita da un regnante russo). Nel 1550 organizzò il primo nucleo do soldati permanenti, gli Strelizi (Streltzi=archibugieri). Con il Concilio del 1551 riorganizzò la Chiesa, cercandone il sostegno politico. Nello stesso anno decise di emanciparsi, una volta per tutte, dalla minaccia dei Tartari, che compivano continue incursioni e razzie. Prima della spedizione nel Khanato di Kazan, Ivan si recò in pellegrinaggio a Rostov, presso un monastero fondato da Abramo di Rostov. Partì quindi a capo di un esercito ed attuò la conquista dei Khanati tartaro-musulmani di Kazan (1552) e di Astrakan (1556), entità statali nate dalla dissoluzione del Khanato dell’Orda d’Oro. Durante tale periodo delegò al Metropolita Macario il compito di reggere gli affari interni della Moscovia, eleggendolo, di fatto, Capo dello Stato. Ivan inglobò nei confini russi il corso del fiume Volga. La potenza tartara era neutralizzata. Il popolo ormai stravedeva per il suo Zar, al quale conferì il soprannome “Groznyj”, che significa: “che incute timore e reverenza”. Altresì, l’epiteto stava a significare “tonante, tempestoso, minaccioso”. Questo epiteto, quindi, era usato dal popolo in maniera tutt’altro che negativa, dato che il Sovrano tuonava quando, con pugno di ferro, minacciava i corrotti Boiari che, molte volte, nella Storia russa, si erano resi responsabili della disgregazione dello Stato. Altresì, il popolo, lo definì positivamente e benevolmente “groznyj”, per aver risolto definitivamente il problema delle continue e sanguinose razzie dei Tartari nelle campagne. La Russia iniziava, in questo periodo, ad ampliare le proprie rotte commerciali, aprendo ai mercanti inglesi il porto di Archangelsk, sul Mar Bianco. Va quindi ribadito ed enfatizzato che il primo Zar ebbe un ruolo determinante nella Storia Russa, poiché iniziò una politica di apertura verso l’Europa, nell’auspicio di sottrarre la Russia dal suo isolamento internazionale, politica che, in seguito, sarà continuata dagli Zar posteriori. Tra il 1553 ed il 1560 Ivan fece costruire la cattedrale di San Basilio Il Beato, sul lato sud della Piazza Rossa. Questa, originariamente, fu costruita per festeggiare la presa di Kazan. Fu chiamata “Cattedrale di San Basilio”, in onore del Santo Stolto in Cristo Basilio il Benedetto, con il quale Ivan aveva costruito uno stretto rapporto. A tal proposito va ricordata la peculiare e stretta relazione che lo Zar aveva con alcuni personaggi, successivamente santificati, tra i quali, oltre a Lo Stolto in Cristo (questi non disdegnava di insultare pubblicamente lo Zar quando sembrava alienarsi dai precetti cristiani), anche Basilio, che stigmatizzò spesso lo Zar per essere disattento a taluni problemi sociali. Lo Zar temeva Basilio, perché lo riteneva capace di leggergli il pensiero. Quando Basilio morì, Ivan accorse al suo capezzale e, al funerale, portò anch’egli il feretro. Altro Santo con il quale Ivan intrattenne rapporti stretti, fu Nicola Pskov, del quale ammirava il rigoroso ascetismo. La relazione con i Santi, scaturiva soprattutto dalla latria per le reliquie alle quali, Ivan, similmente al popolo, ascriveva valenze taumaturgiche. Sempre nel 1553 lo Zar fu colto da una violentissima febbre e, sentendosi in punto di morte, chiese ai nefasti Boiardi di giurare fedeltà al figlio Demetrio, ma i Principi si guardarono bene dall’obbedire, anzi, continuarono a litigare tra loro, disputandosi il potere, vicino al letto dello Zar che, per loro sfortuna, si riprese. Per ringraziare Dio del beneficio ricevuto, lo Zar, naturalmente incline al misticismo, intraprese un pellegrinaggio. Un grave lutto stava per colpirlo duramente: durante il pellegrinaggio di ringraziamento per la recuperata salute, il figlio Demetrio cadde accidentalmente da cavallo nelle acque del fiume Sesna ed annegò. Il dolore fu atroce ed immenso e non si placò facilmente, anzi nel 1560, la morte per avvelenamento dell’amatissima Principessa Anastasia, ad opera degli assassini Boiardi, fu un altro duro colpo e l’inizio di una grave crisi esistenziale. Il lacerante dolore trascinò Ivan sul baratro della follia! Undici giorni dopo la morte di Anastasia, Ivan prese una nuova moglie, Marija Temrjukovna, una Principessa kabardina, che lo Zar non amò mai, perché “talmente dissoluta da destare il suo biasimo”! Secondo gli Storici contemporanei, Marija fu la vera fautrice delle decisioni dello Zar. La Zarina morì nel 1569. A lei succederanno altre sei mogli. Il 3 dicembre 1564 Ivan si allontanò con la propria famiglia, e con tutti i suoi servi, dal palazzo di Mosca, per andare a stabilirsi nel villaggio di Aleksandrov, portando con sé le sue insegne imperiali, il tesoro di Corte e le reliquie esistenti nella stessa Corte. Lo Zar faceva affidamento sul fatto che i Nobili, divisi in fazioni ed incapaci di trovare un accordo su come governare la Moscovia, gli avrebbero spontaneamente richiesto di tornare al potere. Il 3 gennaio 1565 inviò al Metropolita di Mosca, Atanasio, una missiva, nella quale accusava i Boiardi per lo stato di degradazione in cui si trovava il Paese e per i crimini da loro perpetrati. Ivan IV ordinò ai suoi fedeli rimasti a Mosca di leggere un suo proclama per le strade, con il quale accusava i Boiardi di vessazione verso il popolo. La mossa, ovvero il trasferimento ad Aleksandrov, si rivelò efficace. Una delegazione (appoggiata dal popolo, fedele al proprio Zar) composta dal Metropolita, dai vili Boiardi (che paventavano il degenerare della situazione politica interna, nonché l’accusa di tradimento) e dai Mercanti, si recò ad Aleksandrov. Lo Zar pose due condizioni per il suo ritorno: il Clero avrebbe dovuto rinunciare al diritto di intercessione nei confronti dei ceti più deboli ed i Boiardi avrebbero dovuto rinunciare ad alcuni privilegi di casta. Al suo ritorno a Mosca lo Zar parve cambiato. Le cronache del tempo (molte delle quali a lui ostili e politicamente avverse) riportano che i suoi occhi erano infossati, profonde rughe erano comparse sul suo viso ed il fisico era deperito. Ivan IV creò la milizia degli “Opricniki”, una truppa scelta che aveva il dovere di obbedire fedelmente allo Zar. Questi uomini, cui il popolo ben presto affibbierà il soprannome di “Truppa di Satana” (per il terrore che diffondevano tra i biechi Boiardi), circolavano vestiti completamente di nero ed avevano come segni distintivi una scopa e la testa di un cane, che simboleggiavano allegoricamente la loro missione: fiutare il tradimento e spazzarlo via. Portavano queste effigi sulle selle dei loro cavalli, anche questi soprannominati “Neri dell’Inferno”. Il più famoso tra i comandanti di queste milizie fu Maljuta Skuratov, fedele esecutore degli ordini dello Zar e suo uomo di fiducia! Negli ultimi anni del Regno, Ivan intraprese la conquista della Siberia (1582). In questo stesso anno Ivan IV ratificò l’annessione del Khanato di Qasim, da diversi lustri stato fantoccio satellizzato dal Principato di Moscovia. Successivamente, in virtù dell’appoggio dei Cosacchi e degli Stroganov, potente Famiglia russa, Ivan annetté anche il Khanato di Sibir, chiudendo il discorso “Siberia”. Nei primi mesi dell’anno 1584 Ivan si ammalò irreversibilmente e nominò il figlio Fedor erede al trono. Esortò il figlio ad amministrare lo Stato con equità, obiettività, equilibrio e buon senso ed a fugare qualsiasi ipotesi bellica, poiché la Russia era arretrata e non attrezzata per una guerra. In punto di morte Ivan prese gli ordini monastici. Negli anni sessanta dello scorso secolo, il Governo Sovietico ordinò la riapertura della tomba del Grande Monarca. Dalla docimasia effettuata sulle sue reliquie emerse la presenza di mercurio, in quantità tale da lasciar congetturare, con quasi certezza, che Ivan fosse stato avvelenato. I probabili assassini furono i suoi “fidi” consiglieri: Fedor Belskij (origini boiare) e Boris Godunov (futuro Zar dal 1598)! La tradizione popolare narra che i due, insieme, avvelenarono e strozzarono il già malconcio Ivan IV. Un avvenimento topico che caratterizzò il Regno di Ivan IV fu l’introduzione in Russia della prima pressa da stampa tipografica. Le riforme di Ivan modificarono profondamente l’assetto sociale del paese ed il suo tentativo di limitare i poteri della grande Aristocrazia ne fa un Sovrano relativamente moderno. Per questi motivi riscuote il plauso degli Storici e degli Artisti moderni russi.

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Published on e-Stories.org on 06/17/2014.

 
 

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