Gabriele Zarotti

Accadde al Moma.

L’arte vera parla a tutti.

Basta saperla ascoltare.

 

 

        Tutto era iniziato, un freddo giorno di dicembre, al Moma.  Art Valley gli aveva dedicato poche righe: ...la scena che si è presentata  all’esterrefatto custode deve essere stata scioccante! Il fatto, senza dubbio, è da attribuirsi all’opera di un burlone. Fortunatamente il quadro di Pollock non ha subito danni. Molti di voi si chiederanno  cosa mai fosse successo nelle sale  del Museum of Modern Art, la mattina del 21 dicembre 2008, poco prima dell’apertura, mentre i custodi stavano facendo i  giri preliminari di perlustrazione.

        Accadde che uno di loro fu attirato da una grande opera del celebre pittore, che da sola occupava un’intera parete della sala. Non credendo ai propri occhi si avvicinò e vide, con stupore misto a orrore, un piccolo balloon di polistirolo posto proprio al centro di quel geniale, sapientemente inestricabile groviglio di linee e tiepidi colori. La scritta diceva: Spero proprio di riuscire a districarmi e trovare la strada di casa! Come aveva scritto il giornalista di Art Valley doveva certo trattarsi di uno scherzo. Questo episodio snobbato dai media provocò, al contrario, un notevole fermento tra i responsabili dei musei newyorkesi e i galleristi della città. Non mancò neppure qualcuno, più spiritoso, che ci rise sopra.

        Tre settimane dopo un altro evento venne a turbare la comunità. L’ignoto burlone colpì ancora. Stavolta al Metropolitan Museum. L’opera coinvolta fu quella di Andy Warhol. Il barattolo della Campbell’s Soup, una delle più famose, insieme al ritratto di Marilyn e all’Elvis triplicato che sfodera il suo revolver. Il balloon di polistirolo, attaccato in alto, nell’angolo destro, diceva: Non se ne può più, sempre la solita zuppa. Mi esce dagli occhi!  Anche in questa occasione i media snobbarono la cosa. Solo Art Valley commentò:  Ci risiamo! L’ignoto burlone è tornato a farsi vivo e colpisce Andy. Per fortuna l’opera non ha riportato un graffio. Anche se cercavano di non darlo a vedere per non diffondere il panico, nell’ambiente degli addetti ai lavori erano tutti molto preoccupati. Questa volta nessuno rise: la cosa stava prendendo  una piega seria. Non ne parlavano in pubblico, per evitare di essere intercettati dai giornalisti. Si riunivano di notte, nelle ville fuori città, e si sprangavano dentro a farsi domande e tentare di esorcizzare le loro paure.

        Venne quindi la volta di Hopper. La sua Una donna nel sole, completamente nuda in camera da letto, suggerì al misterioso visitatore questa fantasiosa interpretazione: Chi è quel burlone che mi ha nascosto i vestiti?

        Poi fu il turno di Keith Haring: il suo affollato crogiolo di cazzi e  sederi, Wham Bam, venne così omaggiato: Boni… state boni… non  spingete… ce n’è per tutti! Da allora in poi cominciò una lenta, poi sempre più rapida, inesorabile escalation.

        I controlli si intensificavano, le telecamere si sprecavano, frotte di custodi free-lance si mescolavano e confondevano fra i visitatori nelle sale gremite. Pattuglie di polizia stazionavano giorno e notte nei pressi dei musei.  Ma Il nostro continuava nella sua opera instancabile di dare voce all’arte.

        Un bel balloon andò a completare anche il famoso quadro di James Whistler, quello ribattezzato La Gioconda Americana.  Recitava così: Devo proprio chiamare l’antennista… quelle righe ieri sera non c’erano!

        Fu quindi il turno di Picasso. Ad attirare l’attenzione di Supercatoonist, come ormai tutti lo chiamavano con affetto, fu un ritratto di donna del periodo cubista: Woman in Armchair, temporaneamente in mostra al Guggenheim. Stavolta però, non riuscendo a individuare l’orifizio giusto da cui far scaturire il balloon, il nostro, per non saper né leggere né scrivere, ne piazzò due. In due diversi punti della tela. Uno diceva: Mio caro, non mi hai sempre detto che ami le donne impenetrabili? L’altro, probabilmente di lui nascosto fra le pieghe, più laconicamente:  Ricomponiti!

        A questo punto la cosa esplose, sfuggì al controllo. Si propagò in un baleno ovunque per la città. In tutto lo stato di New York. In tutti gli stati della nazione. Dall’Alaska alla Louisiana. Da Washington alla California.  Furono “visitati” tutti i più importanti musei. Le più famose gallerie d’arte. La notizia, ormai assunta la dimensione di scandalo, varcò i confini nazionali. Echeggiò in ogni angolo della Terra. In Cina misero in cassaforte tutti i ritratti di Mao. In Russia, vuotarono il mausoleo di Lenin e vi infilarono quelli di Putin. E misero quattro carri armati di guardia 24 ore su 24. In Italia, non solo i ritratti, i busti, e le statue equestri, ma perfino le fotografie del Premier furono strappate dalle mani dei ritoccatori e blindati nel grand caveau di Arcore. Il suo immarcescibile sorriso chissà quali fantasie avrebbe potuto ispirare. Fu una vera impresa, vista la sua incontenibile, fisiologica necessità di spargere la sua effigie ovunque. Chiese comprese. Stampa, radio, televisione, e Rete, visto il ricco piatto, vi ci si ficcarono fino al collo. E ci ricamarono sopra con pezzi, servizi e commenti indimenticabili. Supercartoonist, dal pericoloso buffone degli inizi, stava diventando una sorta di sfrontato eroe nazionale. Anzi, globale.

        Nel suo tour europeo visitò, lasciando la sua inconfondibile firma, i musei di tutte le maggiori capitali. A Parigi, al Louvre, come Picasso aveva attraversato il suo periodo blu, lui attraversò quello osé: talvolta un po’ sacrilego, spesso dissacrantemente  scurrile. La Madonna della Vittoria del Mantegna gli ispirò : Oeh marchese, piano, anche se ha vinto,  stasera non si scopa. E, quando sarà, in ogni caso, sesso protetto. Chiaro?   Il Vecchio col nipotino del Ghirlandaio:  Oh nonno, la prossima volta perché non ti metti la veletta prima di aprire le arnie!    La Venere di Milo: E la mia protesi?    Il ritratto di Carlo VII di Fouquet: Sarà, ma questa pulzella non mi convince. Ha più palle di un uomo. Si comporta come un uomo. Piscia in piedi come un uomo. Deve esserci sotto qualcosa. Bisogna approfondire!    Apollo e Marsia del Perugino. : Marsia, mi  hai rotto con sta lagna! Deh, perché non soffi dentro sto flauto a pelle!

        A Londra, alla National Gallery: Allegoria del Trionfo di Venere di Agnolo Bronzino: Se non togli subito questa mano dalla mia tetta, te la taglio!  Domine quo vadis di Annibale Caracci: Mi scusi, buon uomo  …si va di là per il GolgotaVenere e Marte del Botticelli:  Sei già stremato dopo la prima?    Une baignade à Asnières di Pierre Seurat:  Dai buttati che l’è calda!    Saskin in veste di Flora di Rembrandt:  Adornatevi signore del sereno fior gentile nel silenzio il vostro cuore… dolci cose vi dirà …la,la,la,la.  La sedia di Van gogh: Giorgino, quante volte mamma ti ha detto di non lasciare roba in giro!

        A Berlino, alla Berlinishe Galerie: Dama di Geoge Grosz fu trovata con la seguente scritta: Sporcaccione!    Synthetischer Musiker di Iwan Puni: Dopo tre anni non ho ancora imparato come si suona!  Un quadro senza titolo di  Lewandowky: Te l’avevo detto che hai la lingua troppo lunga…!

        A Madrid, al Prado., Goya ebbe l’onore di ben due interventi:   La Maja vestida con: Spogliati!    La Maja desnuda con: Rivestiti!   I Baccanali degli Andrii di Tiziano Vecellio: E adesso, tutti insieme …trenino!    Il Ritratto di Filippo IV da giovane di Velazquez: Perché ti sei fatto siliconare? Sai che stavi molto meglio prima!  L’infanta dona Margherita d’Austria di Velàzquez:  Nel prendere l’abito si è tirata dietro pure l’armadio.

        A Roma colpì un po’ qua un po’ là, in ordine sparso. Alla Galleria Borghese: Enea, Anchise e Ascanio del Bernini gli suggerì: Asky, fra cento metri si fa cambio: te lo prendi tu il mardacone!   Alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna: Espansione dinamica+velocità di Balla:    Occhio al tutor, rallenta!     L’utima cena di Ceroli: Permettete, posso accomodarmi!     Ritratto di Anna Zabrowska di Modigliani: Ho corso tutta la vita, mi sono fatta in quattro, mi sono tirata il collo… e tutto questo perché?   Per citare solo alcuni esempi.

        Tanto che i suoi interventi non solo trovarono vasta eco mediatica, ma provocarono grandi dibattiti nei circoli culturali di tutto lo stivale. I due maggiori critici d’arte: Francesco Bonito Cappero e Vittorio Buonemaniere non seppero resistere dal formulare un giudizio a proposito. Vittorio si spinse tanto in là da prefigurare un nuovo tipo di espressione artistica. Così a Praga, Amsterdam, Helsinki, Oslo, Mosca, Nuova Deli. Pechino, Tokio, tutta l’America Latina. Ovunque ci fosse arte lui c’era. Questo era ormai un dato di fatto. Unico mistero, oltre all’identità di Supercartoonist, era questo: come faceva a trovarsi, spesso contemporaneamente, in posti così distanti fra loro?  Per quanto abile, non poteva certo essere dotato dei poteri di Superman. L’unica spiegazione era che avesse degli imitatori.  Forse degli allievi.

        Proprio nel momento di massima notorietà, una mattina, sulle porte di tutti i musei, delle gallerie d’arte e dei circoli culturali del mondo, mani ignote lasciarono affissa questa locandina.

 

 

   Manifesto dell’Estensionismo.

 

Fedeli al pensiero michelangiolesco che l’opera d’arte deve parlare, noi affermiamo che:

-  l’arte vera comunica a tutti

-  l’opera d’arte ha più livelli di lettura

-  ciò che ogni opera dice varia con la sensibilità, lo stato d’animo, e la cultura del fruitore.

 

Noi propugnamo l’Estensionismo: l’arte come estensione dell’opera d’arte:

 

-  l’arte inserita nell’opera d’arte

-  l’arte come protesi dell’opera d’arte

-  l’arte come integrazione e completamento soggettivo, individuale dell’opera

-  l’arte come interazione

-  l’arte come dialogo fra artista-autore e fruitore-   artista

-  l’arte che può essere realizzata da chiunque lo voglia, ovunque lo desideri.

     Noi siamo gli autori delle “opere estese” comparse   fino ad  oggi.   

   Continueremo, insieme ad ogni persona che si sentirà  ispirata, nella nostra attività di rielaborazione artistica.

    Diamo tutti il benvenuto alla nuova arte. Espressione   di vitalità, creatività, e democrazia.

Il Comitato fondatore del Movimento.

Parola (PR), 1 Gennaio 2010.

 

Non sembrava una burla. D’altronde la gente di Parola***, presso Parma, era tutta gente affidabile.

 



*** “Parola” means word

  but Parola is also a town near Parma. 

  “Essere di parola” is an idiom which means: to be reliable,

  so "gente di Parola" has a double meaning: 

  people from Parma, 

  but also reliable people.

All rights belong to its author. It was published on e-Stories.org by demand of Gabriele Zarotti.
Published on e-Stories.org on 09/07/2017.

 
 

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